I giovani italiani sempre più spesso compiono gesti folli con l’intento di porre fine alla loro vita.
I ragazzi italiani si sentono spesso soli e giudicati, con legami fragili che dipendono in gran parte dai social network e dai cellulari.
Questo porta spesso a stati d’ansia e depressione che diventano compagni sgraditi della loro vita quotidiana. Questo quadro inaspettato, ma solo in parte, emerge quando si analizza il disagio psicologico dei giovani italiani.
Sorprendentemente, sono i numeri della nuova “pandemia” ad avere un impatto maggiore. Il malessere dei nostri figli si è manifestato con maggior forza durante il lockdown e le restrizioni dovute al COVID-19, ma era già presente durante gli anni precedenti, nonostante la presunta normalità. I dati provenienti dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) non mentono.
In Italia (e non solo) è cresciuto un senso di inadeguatezza e disagio tra i giovani negli ultimi 10 anni, un fenomeno che era sotto gli occhi di tutti. Tra il 2011 e il 2019, gli accessi al reparto di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù sono passati da 155 a 1059. Nel 2021, con la pandemia ancora in atto, i casi sono aumentati a 1824.
Le statistiche sul caso
Secondo il primario Vicari, l’ansia e la depressione rappresentano il principale problema per i ragazzi italiani, dovuti ai legami fragili con i social network e ai cellulari che influiscono sul loro disagio psicologico. Circa il 20% dei ragazzi presenta un disturbo mentale, mentre il suicidio è la seconda causa di morte tra i 10 e i 25 anni.
I dati dell’Unicef confermano che circa un bambino su sette tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato. Il servizio sanitario nazionale è pronto per gestire i malati cronici, ma non è in grado di gestire l’esordio dei sintomi, a causa della mancanza di risorse sul territorio. In Italia, la salute mentale è completamente privatizzata e questo rappresenta un grave problema per la gestione del disagio psicologico dei giovani italiani.